Malattie parodontali: individuati i geni responsabili della piorrea
I ricercatori della Columbia University, negli Stati Uniti, hanno identificato 41 geni regolatori, legati allo sviluppo delle malattie che colpiscono le gengive (parodontiti).
Si tratta del primo studio nel suo genere a impiegare un’analisi su tutto il genoma allo scopo di scoprire i processi genetici che contribuiscono all’insorgenza della parodontite.
Un traguardo importante verso lo sviluppo di terapie mirate, anche sul singolo paziente, che intervengano prima della perdita dei denti e delle relative ossa di supporto.
Negli studi sull’espressione genica, i ricercatori vanno a cercare i geni maggiormente espressi nei tessuti sani o malati.
Studi di questo tipo non sono in grado, però, di stabilire un nesso causale fra i geni e la malattia e spesso non prendono in considerazione geni che influenzano più processi molecolari e che potrebbero perciò avere un impatto importante sulla malattia.
In questo studio, coordinato da Panos N. Papapanou, è stato applicato un processo di ingegneria inversa, al fine di costruire una mappa delle interazioni genetiche che conducono alla parodontite e di identificare i singoli geni che sembrano essere maggiormente legati alla malattia.
Il processo, spiega Papapanou, permette di restringere il campo di ricerca e di concentrarsi esclusivamente sui geni rilevanti, anziché su tutto il genoma.
Allo scopo di identificare i geni, i ricercatori hanno usato due differenti algoritmi, rispettivamente per studiare le interazioni fra geni e per identificare i geni che colpiscono il tessuto sano. È stato esaminato l’RNA proveniente dai tessuti (sani e malati) di 120 pazienti affetti da parodontite.
Molti dei geni identificati sono coinvolti in processi immunitari e infiammatori. Tale dato conferma quanto emerso negli studi clinici e di laboratorio sulla malattia parodontale.
La scoperta dei geni regolatori permetterà alla ricerca di testare potenziali farmaci in grado di interrompere la loro azione, e di creare terapie che blocchino la malattia alla radice. Prima di testare questi geni su modelli sperimentali, spiega Papapanou, sarà fondamentale validare i risultati in laboratorio.