Screening tumori, testato nuovo esame. Rileva otto tipi di tumore

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Screening tumori, testato nuovo esame. Rileva otto tipi di tumore

tumore del seno

Screening tumori, testato nuovo esame. Rileva otto tipi di tumore

02/03/2018

Un singolo esame del sangue che può rilevare con precisione otto differenti tipologie di tumore. Il test è stato sviluppato da un gruppo internazionale di ricercatori presso il Johns Hopkins Kimmel Cancer Center, fra i quali l’italiano Cristian Tomasetti. Il funzionamento dell’esame e i risultati della sua sperimentazione sono stati pubblicati recentemente su Science.

L’esame, relativamente economico e poco invasivo, è stato chiamato CancerSEEK, e si basa sulla misurazione di otto proteine tumorali e sulla presenza di mutazioni sospette nel DNA circolante nel flusso sanguigno. I tumori interessati sono quello ovarico, del fegato, dello stomaco, del seno, pancreatico, esofageo, colon-rettale e polmonare. Per cinque di questi non è al momento disponibile alcuno strumento di screening utile alla diagnosi precoce.

Gli autori spiegano che il loro metodo potrebbe potenzialmente cambiare il modo in cui si intende lo screening per i tumori, e si basa sullo stesso principio per cui si ricorre a una combinazione di farmaci per il trattamento dei tumori stessi. I ricercatori sottolineano in particolare l’importanza del DNA circolante: «un marker molto specifico per il tumore», secondo Joshua Cohen, uno degli autori dello studio. Fondamentale, secondo Cohen, mantenere ristretto il campione di mutazioni osservate, allo scopo di minimizzare i falsi positivi e contenere i costi economici del test stesso.

Da un campione iniziale di centinaia di geni e quaranta proteine, i ricercatori si sono in effetti concentrati su segmenti di sedici geni e otto proteine. Il principio è profondamente diverso da altri test di questo tipo: lo scopo qui, ribadiscono gli scienziati, è esclusivamente lo screening e non l’analisi di un ampio numero di geni per identificare target terapeutici utili.

Tenendo presente l’importanza di ridurre al minimo i falsi positivi, il test è stato sperimentato su oltre ottocento pazienti sani: solo sette volte ha restituito un falso positivo. Fra i 1005 pazienti affetti da uno dei tumori interessati, CancerSEEK ha mostrato una buona sensibilità, cioè l’abilità a riconoscere il tumore. In media, il test si è mostrato efficace nel 70% dei casi, con picchi del 98% sul tumore ovarico e, in negativo, del 33% sul tumore del seno. Per ovaia, fegato, stomaco, pancreas ed esofago, tumori per i quali non esiste uno screening, la sensibilità oscilla fra il 69% e il 98%.

«La novità del nostro metodo di classificazione consiste nel fatto che combina la probabilità di osservare varie mutazioni nel DNA insieme ai livelli di diverse proteine in modo da trovare una risposta affidabile», spiega Tomasetti, professore associato di oncologia e biostatistica, nonché sviluppatore dell’algoritmo alla base di CancerSEEK. «Un altro aspetto nuovo del nostro approccio è il ricorso al machine learning, che permette di definire con un certo grado di precisione la localizzazione di un tumore nell’83% dei pazienti», conclude il ricercatore.

Per quanto CancerSEEK non sia in grado di riconoscere tutti i tumori, i ricercatori sottolineano l’importanza di aver fornito uno strumento di screening per tumori che in precedenza non erano rilevabili. «Molte delle cure più promettenti per i tumori oggi sono efficaci per una ristretta minoranza di pazienti, e le consideriamo come un progresso importante. Allo stesso modo, nella diagnosi precoce, dobbiamo essere realisti e riconoscere che non può esistere un test che riconosca tutti i tumori», hanno dichiarato gli autori.

In linea di principio, CancerSEEK potrebbe essere incluso nell’ambito degli esami del sangue di routine, cosa che faciliterebbe la diagnosi precoce e il successivo trattamento del tumore: «Idealmente, la diagnosi potrebbe essere tanto precoce da consentire di trattare il tumore attraverso la sola rimozione chirurgica, ma anche i tumori non curabili in questo modo possono rispondere meglio a un trattamento sistemico quando la malattia è meno avanzata», spiegano i ricercatori. Il test è al momento in fase di sperimentazione su un campione più ampio di pazienti.

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